PAULUCCI ENRICO
 
ARTISTA OPERE MOSTRE IN ASTA
 

Figlio del generale Paulucci Delle Roncole e di Amalia Mondo, originaria di Montegrosso, Enrico Paulucci da adolescente si trasferì a Torino al seguito della famiglia e qui compì gli studi classici, si laureò in scienze economiche e in legge. Durante gli anni del liceo mostrò già la sua inclinazione per la pittura e mentre seguiva i corsi universitari cominciò a esporre nelle mostre locali, partecipando anche per brevi periodi al movimento futurista. Negli anni 1927-1928 cominciò a frequentare i pittori più noti dell‘area torinese. In questi anni strinse amicizia con Felice Casorati, e in seguito con Lionello Venturi ed Edoardo Persico. Nel 1928 si recò a Parigi, dove approfondì la conoscenza della pittura francese, dall‘Impressionismo in poi, e si interessò all‘opera di Pablo Picasso, Henri Matisse, Raoul Dufy, e Georges Braque.
Il Gruppo dei Sei pittori di Torino [modifica]
Nel 1929 tornò a Torino, dove si unì agli amici Gigi Chessa, Carlo Levi, Nicola Galante, Francesco Menzio e Jessie Boswell, e con loro costituì il Gruppo dei Sei di Torino, sostenuto da Lionello Venturi e Edoardo Persico. Il gruppo guarda alla pittura francese postimpressionista (Cézanne, Derain, Matisse, Bonnard, Dufy). Il Gruppo dei Sei parlava di libertà e d‘Europa in un clima in cui l‘arte era minacciata dal nazionalismo e da ripiegamenti autarchici. La prima mostra del gruppo fu tenuta in un magazzino prima adibito a deposito di tappeti nella centralissima Galleria Lombardi. Altre mostre si tennero anche a Genova e a Milano. Il gruppo si sciolse nel 1931, ma Paulucci, Menzio e Levi esposero ancora insieme nel 1931-1932 a Parigi, Londra e Roma.

Paulucci e Casorati [modifica]
A Torino Paulucci fondò insieme a Felice Casorati lo studio Casorati-Paulucci, dove organizzò molte mostre d‘avanguardia, tra cui la prima mostra italiana d‘arte astatta del gruppo milanese del Milione. Insieme a Casorati diresse anche lo studio La Zecca. Nel 1938 fondò e diresse il Centro delle Arti, che presenta mostre di artisti ancora poco conosciuti a Torino.
L‘insegnamento [modifica]
Nel 1939, Paulucci fu chiamato alla cattedra di pittura dell‘Accademia Albertina, di cui divenne anche direttore nel 1955. Il suo insegnamento era libero da pregiudizi accademici, e perciò segnò l‘inizio di un orientamento più attuale degli studi.
I suoi primi allievi furono Mario Davico e Mattia Moreni, che diventò poi uno dei maggiori interpreti del naturalismo astratto italiano. Paulucci cercò subito di stimolare e aprire gli occhi ai giovani, ai quali prima di allora erano ignoti persino Cèzanne e l‘Impressionismo.
Rielaborazione dopo la guerra [modifica]
Durante la guerra, Paulucci si trovò lo studio e la scuola distrutti, perciò fu costretto a trasferirsi a Rapallo, dove si costruì uno studio. Con la fine della guerra, tornò a Torino e la sua pittura cominciò a subire una rielaborazione, lenta ma continua, da cui nacque la prima mostra delle "Barche" alla Bussola. Nel 1955 Paulucci divenne direttore dell‘Accademia Albertina; venne poi nominato membro dell‘Accademia di San Luca a Roma, e in seguito anche membro dell‘Accademia Clementina di Bologna e dell‘Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. Nel 1958 vinse il Premio Michetti, che andò ad aggiungersi a quelli della Spezia, di Villa San Giovanni, delle Biennali di Venezia e della Quadriennale di Roma.

Dopo il 1960 [modifica]
Dopo il 1960 sono da ricordare: la mostra “I Sei di Torino” del 1965 alla Galleria civica d‘arte moderna e contemporanea di Torino; nel 1966 la sala personale alla XXXIII Biennale di Venezia; nel 1979 l‘antologica alla Promotrice delle Belle Arti di Torino; nel 1980, la personale al Palazzo Pianetti Tesei di Jesi; nel 1983, la personale a Palazzo Bianco e Palazzo Rosso di Genova; nel 1986, l‘esposizione “Astratto-Concreto” allo Studio d‘Arte Le Immagini di Torino; nel 1987, la mostra antologica del Comune di Acqui Terme (Palazzo Robellini); nel 1988, la mostra “Primo Tempo” allo Studio d‘Arte Le Immagini di Torino; nel 1989, l‘antologica al Palazzo dei Leoni di Messina; nel 1990, la personale al Palazzo dei Congressi di Alba; nel 1992 e nel 1994, le personali all‘Antico Castello sul Mare di Rapallo. Nel 1993 Paulucci ricevette il Premio Pannunzio a Torino, nel 1994 la medaglia d‘oro della Presidenza della Repubblica per i Benemeriti della cultura e dell‘arte e, nel 1995, il Premio Cesare Pavese. Nel 1996, venne inaugurata la mostra “Omaggio a Paulucci” alla Fondazione Palazzo Bricherasio a Torino, ripresa poi nel 1997 al Palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra.
Attività all‘estero [modifica]
Paulucci ebbe un‘attività intensa anche all‘estero. Sono da ricordare: nel 1930 l‘esposizione alla Bloomsbury Gallery di Londra, nel 1931 quella alla Jeune Europe di Parigi, nel 1937 alla Akademie der Künste di Berlino, nel 1942 a Linz, nel 1946 a Londra, nel 1949 a Praga e al Cairo, nel 1951 ai Musées di Nizza, nel 1951 e nel 1953 alla I e alla II Biennale di San Paolo del Brasile, nel 1955 al Nationalmuseum di Stoccolma e alla Biennale Hispanoamericana di Barcellona, nel 1957 a New York (Columbia University), nel 1961 a Copenaghen, Oslo, Göteborg, nel 1963 a Skopje, nel 1979 in Finlandia.
Ultimi anni [modifica]
Paulucci muore il 22 agosto del 1999, a quasi novantotto anni, al terzo piano di un palazzo ottocentesco in Piazza Vittorio Veneto, nel centro storico di Torino. Oggi il suo appartamento ospita un archivio che documenta l‘esperienza artistica del pittore. Tale archivio fu curato con dedizione da Federico Riccio, di nobile e antica famiglia astigiana, impeccabile stile, vecchia signorilità torinese, per trent‘ anni gallerista con la moglie Laura Ferrero, caro amico e importante collezionista di Enrico Paulucci, fondatore e direttore dal 2000 dello Studio Paulucci Archivi e Documentazioni, che fu una fucina di idee, mostre, iniziative e, soprattutto, un luogo in cui si catalogavano memorie e bellezza. L‘appartamento è stato sede, fino al 16 giugno 2001, di una mostra che raccoglieva quarantacinque ritratti eseguiti da Carlo Levi, compagno di Paulucci nell‘avventura pittorica dei Sei.
Il pittore aveva voluto, da tempo, che il luogo della sua ultima dimora fosse Montegrosso d‘Asti, il paese in cui nacque la madre. Lì aveva fatto costruire la tomba di famiglia e l‘aveva arricchita componendo un mosaico giocato su una infinita tonalità di blu, azzurro e turchese raffigurante una nave che solca il mare (forse) dell‘Eternità. Ora riposa accanto alla moglie Gita Maccagno, alla madre Amalia, al padre Paolo e alla sorella Maria.
Paulucci e la Liguria [modifica]

Per Paulucci la Liguria rappresentò sempre il luogo in cui ritirarsi; mantenne sempre infatti il legame con la sua città d‘origine, Genova, che lui aveva amato e conosciuto da bambino fino ai dodici anni. Questo legame era condiviso anche dagli altri componenti del gruppo dei Sei di Torino: Gigi Chessa per esempio passò un periodo di convalescenza a Nervi (quartiere di Genova). Per Paulucci la Liguria fu anche un importante luogo di incontri con altri intellettuali: qui infatti incontrò lo spezzino Pietro Maria Bardi, presso la Galleria del quale a Milano in via Brera Persico portò il gruppo dei Sei di Torino a battesimo. Un altro incontro importante avvenuto in Liguria è l‘incontro con Enrico Sacchetti, che nelle estati a Santa Margherita Ligure esortava Paulucci a dipingere i paesaggi liguri.
Paulucci, inoltre, tra il 1950 e il 1955, espose quattro volte al Premio di pittura Golfo della Spezia: nel 1950, poi nel 1951, anno in cui ricevette il premio insieme a Augusto Magli, Renzo Grazzini e Giulio Turcato, in seguito nel 1952, e infine nel 1955.
« La Liguria è tutta variamente stupenda, nelle spiagge di Ponente o nelle rocce a strapiombo di Levante; ma anche straordinariamente bella e piena di inattese e nascoste meraviglie per poco che ci si addentri nelle sue vallate aspre, dove l‘ulivo cede al pino e al castagno, e dove ancora resistono lontano dalle unghie dei nuovi barbari antiche tracce e nobili rovine barbaresche e splendori barocchi, ed esemplari spontanee architetture aggrappate alle schiene dei monti. Ma poi da sempre amo la Liguria perché da sempre consumo in lei i miei giorni più belli, giorni d‘estate, quelli di una ancor possibile felicità in un mondo di incontri stimolanti, di stimolanti accensioni della fantasia, di fronte al mare che da sempre porta con sé il sapore della libertà e dell‘avventura.

 
 
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